Dalla carta alla tv, fino alla vita: le Ancelle di Margaret Atwood sono tra noi
Outfit iconici nel cinema ne abbiamo in quantità. Ma nelle serie tv? Non so voi, ma se pesco nella memoria recente cercando un abito realmente iconico, il primo della lista è senza dubbio la divisa delle Ancelle: tunica rossa e copricapo bianco con le alette. Lo avete davanti agli occhi, giusto? La serie The Handsmaid’s Tale ha dato un impatto visivo fortissimo a questo abito. Vi invito però, se non lo avete già fatto, a leggere il libro di Margaret Atwood dal quale è tratta la serie: la scrittura chirurgica dell’autrice intaglia parole capaci di costruire mondi. Come quello di Gilead, dove le Ancelle sono immaginate come “suore inzuppate nel sangue”. Vi sfido a trovare un’immagine più efficace di questa. E anche, a suo modo, più ironica.
Abiti o corpi…
Sono infatti molti, e spesso contrapposti, i simboli associati all’abito delle Ancelle di Margaret Atwood. Suore, ma destinate unicamente alla riproduzione. Vestite modestamente ma di colore rosso, simbolo di seduzione. Nascoste alla vista dalla cuffia con le alette, ma proprio per questo esposte allo sguardo indagatore di chiunque. Preziose e protette, ma di fatto prostitute, se non addirittura schiave. Comunque la si voglia vedere, l’abito e il corpo che lo indossa diventano una cosa sola, sono pienamente identificati. Le femministe storceranno il naso, direte voi. Invece no.
…prima di tutto, donne
L’impatto visivo dell’abito rosso è talmente forte da sostituire slogan e manifesti identitari; basta, da solo, a parlare in favore delle donne. Negli Stati Uniti come in Italia, ovunque si vedano minacciati libertà e diritti, la veste rossa e la cuffietta bianca si trovano schierate in prima fila. Ironico, quindi, che un abito pensato per soggiogare e mortificare il corpo femminile, annullando l’individualità della persona per identificarla con una mera funzione biologica, ne diventi invece un baluardo di libertà e resistenza.
Libertà da proteggere
Dal libro emerge anche un’altra riflessione molto interessante sul rapporto tra donne e moda. Difred, l’Ancella protagonista del romanzo, privata del nome, della famiglia, dell’identità, fa addirittura fatica a ricordarsi il suo aspetto nel mondo precedente. Sa a malapena di che colore ha i capelli e quanto è alta. Quasi non ricorda più cosa significa entrare in un negozio e provare degli abiti. La moda è vanità, quindi bandita come “cosa superflua”. Ci pensate a come sarebbe non avere più la possibilità di scegliere un abito o un taglio di capelli? A non poter più avere un aspetto in sintonia con la vostra personalità, che vi rappresenti? Tendiamo spesso a dare per scontate molte cose, storie come queste ci possono aiutare a riflettere su grandi temi ma anche sulle piccole grandi conquiste, come semplicemente fare shopping e scegliere come vogliamo apparire.
Leggete questo libro, vi darà spunti di riflessione a non finire. Godrete di un livello di scrittura altissimo, di una storia che vi terrà incollate dalla prima all’ultima pagina. E, ve lo anticipo, finirete la lettura correndo a comprare anche I Testamenti, l’attesissimo seguito, o per meglio dire approfondimento, da poco uscito in libreria e vincitore del prestigioso Booker Prize 2019.
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