Un oggetto del desiderio è qualcosa che si insinua nella mente. Ti basta rivederlo, anche dopo anni, e ritrovare lo stesso “sguardo d’amore” che ti ha provocato la prima volta.
Fatta questa dovuta premessa, siete pronti per leggere tutto quello che ho avuto modo di chiedere in presa diretta ad Italo Marseglia, talentuoso designer e stilista, autore dell’abito zebra della collezione Zoomantic del 2020. Vi presento il mio nuovo oggetto del desiderio.
“Italo, raccontami tutto quello che vuoi dell’abito zebra…”
Così è iniziata la mia intervista a Italo Marseglia, chiedendogli, con gli occhi a forma di cuore, di raccontarmi tutto dell’abito zebra. “Sono orgoglioso di quell’abito perché è stata la prima volta che mi sono occupato di un tessuto dall’inizio alla fine“, ha risposto subito così. “Il tessuto jacquard “giungla” è stato elaborato esclusivamente per la collezione Zoomantic“. Uno sfondo con vegetazione rigogliosa nei toni del grigio/silver da cui spuntano tre creature: una zebra, un leone ed una pantera delineate in maniera molto puerile e riempite con motivi grafici quasi batik”. Lì ho capito che avevo individuato un pezzo davvero forte, non a caso l’ho definito un “oggetto del desiderio”.
L’abito zebra: dal disegno al tessuto
Il tessuto dell’abito zebra deriva da alcuni disegni di Italo Marseglia. Incuriosita gli domando: “Come mai la zebra?“. “Sono cresciuto tra gli animali grazie ai miei nonni e ne sono stato sempre molto affascinato. Nel tessuto traduco in immagine questa mia fascinazione, soprattutto riguardo gli animali esotici: pantere, zebre, leoni. Nelle collezioni precedenti ho usato le tigri riprese da alcuni mosaici del Mausoleo di Cecilia Metella a Roma, in altri avevo usato dei coleotteri. Sono andato poi alla ricerca di un tessutaio in grado di mettere i miei disegni su tessuto jacquard. Sono partito dalla mia zona, puntando sull’eccellenza di San Leucio. Ho trovato lo studio Evyè, un’azienda tessile che porta avanti le maestranze di San Leucio e della tessitura all’italiana, e la bravissima disegnatrice Evelina ha creato per me una foresta“.
Hello zebra! L’animal print non ha mai smesso di affascinare la moda
Qualche parolina di più sull’animalier la direi, non me ne vogliate! La zebra protagonista dell’abito di Italo Marseglia è una delle tante, tantissime, rappresentazioni che la moda ha riservato all’animal printing.
Immersa nel libro “JUNGLE. L’immaginario animale nella Moda” edito da DRAGO trovo conferme interessanti: “tra le infinite varietà di zebrati, di pitonati, di ghepardati, ma anche tra le innumerevoli rappresentazioni di animali che vengono inventati, trasfigurati e idealizzati, si cela un gusto estetico raffinato e innovativo. L’animalier è uno dei motivi in cui i grandi stilisti si sono cimentati a partire da Christian Dior che nel 1947 fa sfilare il trench Jungle. L’uomo inurbato non vede più animali selvatici, non si veste più delle loro pelli, ma si appropria dei loro colori e delle loro forme. É un tema che trascende il mondo della moda, e si confronta con il complesso rapporto tra l’uomo e l’animale”.
Io ora mi fermo qui altrimenti potrei continuare per ore. Torniamo al nostro oggetto del desiderio.
L’ispirazione di Italo Marseglia
L’intervista non è finita, ho ancora qualche domanda per Italo. “Perché hai usato il bianco e il nero per il tuo abito?” gli chiedo. “All’inizio della mia carriera avevo scelto di usare solo il bianco e nero. In questo caso l’ho preferito perché mi aiutava ad essere più focalizzato sulla forma e sullo studio dei dettagli. In generale usare un monocromo spinge ad essere molto più definiti per quanto riguarda lo studio delle forme e le rifiniture di un capo. Poi ho scoperto il colore, e la cosa non mi è affatto dispiaciuta.
Il modello dell’abito zebra si ispira alle linee anni ’50, amo gli abiti da cocktail e le gonne a corolla, e in tutta la collezione correva questo leitmotiv degli abiti scollati sulla schiena. Molto monacale e castigato da un lato e molto scollato dall’altro lato, la schiena è un punto di seduzione poco usato, ed io volevo valorizzarlo”.
Da dove nasce la collezione Zoomantic di Italo Marseglia
Italo Marseglia ha immaginato un viaggio magico e fiabesco nell’immaginario infantile, uno zoo romantico e visionario ispirato alla vita delle prime due domatrici circensi femminili, Claire Heliot e Olga Jeannet, e al loro difficile affermarsi nel tardo ‘800 nel mondo maschilista del circo. Le sue eroine si approcciano al mondo animale e i loro ricordi di bambine rivivono nelle gonne di tulle ampio come tutù, nelle camicie dai colli arrotondati e dai volumi infantili, nella ricerca di proporzioni che riportano la mente alla fanciullezza.
Il rigore sartoriale e l’esagerazione femminile convivono nell’abito zebra, quasi un ossimoro. Gli animali sono il vero focus di questa collezione. Elefanti, giraffe, pantere, rane, leoni e uccelli, declinati in raffinate applicazioni tagliate a laser, ricami realizzati in perline di vetro riciclato, stampe serigrafiche.
C’è un aspetto del lavoro di Italo Marseglia non di secondaria importanza: l’attenzione alla sostenibilità e all’upcycling. Ogni materiale della collezione Zoomantic è stato scelto all’insegna della sostenibilità e del riciclo, utilizzando solo fibre naturali e tinture nel pieno rispetto dei più alti standard qualitativi ed ecologici.
Gennaio 2020, l’abito zebra va in scena ma l’Italia si ferma
Mi soffermo ancora sul tessuto dell’abito ed Italo risponde: “Quel tessuto era particolarmente consistente e rigido. Da un lato reggeva bene la forma, dall’altro sembrava immettibile… ma ti posso assicurare che i pezzi realizzati sono stati venduti e sono stati apprezzati. Avevamo intenzione poi nella fase successiva di alleggerire i tessuti, ma la produzione non si è mai avuta per via del covid”. Era gennaio del 2020 quando la collezione Zoomantic viene presentata ad Altaroma, e subito dopo esposta nello showroom a Milano durante la Fashion Week. Poi tutta Italia si ferma. Quella collezione in realtà in negozio non è mai arrivata”. Ma questa è solo una breve battuta d’arresto!
Italo Marseglia e “The Common Thread”, come nasce un progetto collettivo di moda
Non vi posso lasciare così, con la pandemia sullo sfondo immobile di quei momenti, senza raccontarvi cosa è successo dopo. Preparatevi a sorridere.
La produzione si blocca e l’incertezza è tanta. Italo ora ha molto più tempo per lavorare a maglia come sua nonna Lidia gli ha insegnato. Investire in una nuova collezione sarebbe da pazzi. Chiama a raccolta la sua community sui social chiedendo, con un’operazione di crowdfunding, di inviargli filati inutilizzati per dare vita ad un progetto partecipativo dal nome “The Common Thread”. Riceve quantità di filato che neanche lui sa stimare provenienti da ogni angolo d’Italia. Lane delle nonne, rimanenze di maglierie dismesse, piccoli gomitoli nascosti negli angoli di un numero imprecisato di case. Insomma un enorme patrimonio di filati e di storie che riunisce in un unico filo comune. La sua collezione “The Common Thread” è un trionfo, la partecipazione del pubblico è enorme, i colori si mescolano, e il valore simbolico di quanto accaduto è altissimo.
Non è finita qui. Italo Marseglia continua oggi il suo crochet tour in tutta Italia, documentando con video veloci il rapido incalzare delle sue “mani chiattulelle” che fanno a maglia con alle spalle splendide scenografie di paesaggi e monumenti che ci rendono fieri del patrimonio culturale italiano.
Potrei scrivervi ancora molto su Italo Marseglia, ad esempio raccontarvi la sua bio e i numerosi traguardi raggiunti in una carriera iniziata da così poco tempo, ma non lo farò. La cosa migliore è continuare a seguirlo per vedere dove arriverà questo filo comune e dove la sua genialità creativa lo porterà, o meglio CI porterà. Perché voi siete ormai “a bordo” di questa storia, vero? Hashtag ufficiale: #madeinitalo
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Ho capito, sei già in fissa con la rubrica dell’oggetto del desiderio. Non hai scampo, leggili tutti.